Perché oltre il 47% della popolazione non capirà mai la differenza tra la carne convenzionale e quella Grass Fed anche se ha una laurea ed un lavoro ben retribuito.
Diversi anni fa un Rapporto OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ) attribuì un primato non molto onorevole all’Italia con il quale si evidenziava che ben il 47% della popolazione italiana fosse affetto da analfabetismo funzionale.
Ma chi sono gli analfabeti funzionali?
Si tratta di individui che, seppur capaci di leggere e scrivere, sono incapaci di comprendere a pieno il senso di quel che stanno leggendo.
Hanno, quindi, difficoltà ad analizzare e comprendere i testi di varie materie – umanistiche o scientifiche che siano – dimostrando così di non riuscire a raggiungere le competenze base per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie potenzialità.
Tra questi individui spiccano anche laureati, professionisti ed, addirittura, alcuni professori (su questa categoria avevo già i miei dubbi alle superiori ? ).
Pur essendo consapevole di ciò non smetto mai di stupirmi quando – scorrendo la home dei miei social network – mi imbatto in palesi casi di analfabetismo funzionale posti in essere da insospettabili conoscenti o da sconosciuti che danno sfogo alle proprie pulsioni ataviche e primordiali attaccando a destra e manca altri sconosciuti e/o addirittura aziende senza il benché minimo reale motivo.
La quarantena nazionale non ha poi aiutato questo fenomeno che, se prima poteva essere distribuito equamente tra vita reale e quella digitale, lasciando all’esterno una parvenza di normalità in tali individui, adesso in mancanza di stadi, bar, circoletti o semplicemente un gruppo di amici si sono tutti riversati sui social network creando non pochi problemi.
Non a caso determinate notizie, palesemente false (c.d. Fake News), hanno vissuto momenti di viralità e condivisione senza precedenti.
Gli stessi social network ed app di messaggistica istantanea hanno dovuto – a torto o ragione – modificare alcune funzioni ed inasprire i propri termini di servizio per cercare di arginare il fenomeno.
Ho visto professionisti condividere fake news facilmente riscontrabili ed, in alcuni casi, ho letto addirittura di qualcuno che era cascato nella vecchia truffa della mail in cui un principe arabo, in un italiano del tutto imbarazzante, chiede 5.000 euro per sbloccare i propri conti correnti in cambio di una ricompensa sostanziosa (diverse centinaia di migliaia di euro) a chi lo avesse aiutato.
Si tratta di una truffa famosissima citata in decine di film e serie TV e che esiste da almeno 20 anni
Eppure, è in grado di fregare fior fior di professionisti.
Tutto questo mi ha portato a riflettere su come, probabilmente, il Rapporto OCSE prima menzionato sia stato fin troppo buono.
A questo punto mi chiederai cosa c’entri la carne con questo discorso.
Pensaci bene, le più grandi fake news sono state per anni incentrate sulla carne.
Alcune le abbiamo accennate in precedenti articoli e riguardano principalmente le idee condivise dai vegani e co. che presumono una dannosità per la salute dell’uomo e per l’ambiente legata al consumo di carne rossa.
Altre sono più sottili, nascoste e radicate nelle credenze collettive.
Esse riguardano ad esempio la cottura della carne, il colore, la sua qualità, la sua provenienza e il “giusto prezzo”.
Nonostante le reali informazioni in tal senso siano facilmente reperibili, le stesse non vengono comprese da tantissime persone sia perché non sono in grado di mettere in discussione le proprie credenze inculcate dalla famiglia, dai commerciati o dai mass media, sia perché non capaci di capire un concetto in modo astratto per poi ragionarci sopra eseguendo le dovute deduzioni.
Vediamo di seguito le più diffuse:
Colore della carne e del Grasso
Secondo la credenza più diffusa una carne di alta qualità deve essere di un colore rosso con il grasso bianco bianco.
A tale colore ci ha abituato per anni la televisione, le pubblicità ed i nostri discorsi al supermercato.
Il colore rosso vivo è, in realtà, un colore tipico delle carni fresche appena macellate (non frollate) destinato, generalmente, a scurirsi velocemente.
Questo “annerimento” avviene in seguito al normale processo di ossidazione che consiste nel decadimento della mioglobina presente nella carne.
Purtroppo, il “colore naturale della carne” non è ben visto dal consumatore medio e quindi, spesso, le carni finiscono per “essere colorate” con solfiti ed additivi vari (tra cui spesso anche nitriti).
Questi additivi quando usati in grossi quantitativi, possono – come spesso purtroppo accade – permettere a venditori senza scrupoli, di “aggiustare” carni invendibili in quanto in fase avanzata di decomposizione o, nella migliore delle ipotesi, allungare la data di scadenza di molti giorni.
Tali additivi “dovrebbero” essere indicati in etichetta in quanto possono provocare allergie ma l’esperienza comune – oltre agli scandali mediatici – ci insegna che non è sempre così.
Il vero colore della carne varia a seconda della razza, età ed alimentazione dell’animale che – soprattutto se frollata o prodotta con filosofia Grass Fed – davvero di rado è di un colore rosso rubino, ma è di un colore scuro con odore e sapore “più selvatico” e con un grasso che va da una scala cromatica di giallino chiaro ad un giallo intenso in quanto ricco di betacarotene (precursore della vitamina A).
Il grasso, a differenza di quel che si pensa, non è dannoso (o, almeno, non dovrebbe esserlo) in quanto in una carne derivante da allevamenti Grass Fed che rispettano i dettami della natura è ricco di vitamine e preziose sostanze nutritive.
Il grasso di tali carni Grass Fed va assaporato senza esitazioni per sentire in bocca tutto il sapore della natura.
Cottura
Altra falsa credenza è che la carne cruda o poco cotta sia letale.
Ricordo mia madre che cucinava sempre delle fettine di carne sottilissime e stracotte che si presentavano al palato stoppose e insapori.
La carne Grass Fed, invece, andrebbe mangiata al sangue o addirittura cruda in quanto le vitamine in essa contenute sono termolabili (vengono distrutte con il calore) e la cottura trasforma la carne da alimento alcalino ad alimento acido con tutte le conseguenze che ne possono derivare.
Made in Italy
Un po’ come per la moda, il made in Italy è ritenuto migliore ad ogni costo.
Tuttavia, proprio come la moda, la semplice dizione “carne italiana” non basta a definire la vera qualità di ciò che si sta mangiando in quanto possono ben derivare da allevamenti intensivi o trattarsi di animali nati e cresciuti in altri stati e solo macellati/sezionati in Italia.
Tali informazioni sarebbero obbligatorie per legge in etichetta.
Tuttavia al banco carni o dal macellaio di solito, ahimè, si vedono solo i tagli in bella mostra con un cartellino che indica a stento il prezzo per Kg di prodotto senza ulteriori dettagli.
Scottona
Negli ultimi anni si utilizza tale termine quasi fosse sinonimo di chissà quale razza o pezzo di carne pregiato.
In realtà la Scottona è una femmina di bovino, di età tra i 16 mesi ed il 3 anni e che non ha mai partorito.
Niente di più, niente di meno.
Quando leggi sul menù di un ristorante bistecca di Scottona o hamburger di Scottona l’unica deduzione che puoi fare è solo che si tratti di carne proveniente da un bovino femmina che non ha mai partorito, ma non hai alcuna informazione specifica sulle modalità di allevamento o di cosa si sia cibato l’animale!
Possiamo quindi concludere che i gusti e le scelte sono personali ed influenzate dalle proprie credenze, preferenze e, spesso purtroppo, dalla propria condizione economica.
Tuttavia è importante essere consapevoli di tali notizie per effettuare le proprie scelte con la massima cognizione di causa.
Alla tua consapevolezza alimentare.